domenica 31 maggio 2009

Domenica 14 giugno 2009 - Giro del Sengio Alto

Chiuso tra la gigantesca massa del Pasubio e la grandiosa catena della Carega, il Sengio Alto, di limitate dimensioni, potrebbe apparire dimesso e secondario; invece si distingue e primeggia per nobiltà di forme che hanno la loro massima espressione nel Cornetto (m. 1899) da un lato e dal Baffelan (m. 1793) dall'altro con in mezzo i caratteristici torrioni dei "Tre Apostoli".

E’ indispensabile l’iscrizione! Per informazioni e iscrizioni:
Davide Mantovanelli: Tel. Cell. 348 7035660
Quota d’iscrizione non soci: 3 Euro.

Luogo e ora di partenza:
Bovolone – Piazzale Scipioni ore 7.00
Verona – Parcheggio casello Verona Sud: ore 7.30

Percorso stradale: casello di VRsud - direzione Venezia - uscita di Montecchio - Valdagno - Recoaro - Passo di Campogrosso - 85km - circa 1,30 ore.

Attrezzatura indispensabile:
Giacca a vento, berretto, guanti, zaino, scarponi o pedule, pranzo al sacco.
Difficoltà: EE - Escursionisti Esperti - escursione non difficile, ma richiede passo sicuro per alcuni tratti esposti
Dislivello
: 550 metri (4 ore complessive)


rifugio campogrosso
Descrizione: dal rifugio Campogrosso (1.464 m.) prendiamo la dorsale percorsa da Sud a Nord da un panoramico sentiero d’arroccamento risalente alla Prima Guerra Mondiale scavato nella nuda roccia che ci regalerà scorci davvero caratteristici sulle pareti a perpendicolo, che parte dal Passo delle Gane fino ai piedi della Cima Cornetto. Passeremo la Sisilla (1.621 m.), molto caratteristica per la sua parete verticale e per la sovrastante Madonnina. Poi Cima delle Ofre (1.780 m.), il Baffelan (1.793 m.) caratteristico nella sua forma squadrata e per la sua parete verticale di circa 300 m. A seguire I Tre Apostoli e, infine, il Cornetto (1.899 m.) la cime più ampia, alta e articolata.
Per la discesa prenderemo il sentiero n. 46 fino ad arrivare al bivio del sentiero Europeo n. 5, dove si prosegue verso sud sino ad arrivare al rifugio Campogrosso.

mercoledì 27 maggio 2009

lettera aperta di Rumiz al CAI - Club Alpino Italiano..

Paolo Rumiz noto giornalista e scrittore, prende l'occasione di scrivere una lunga lettera al CAI, a seguito dell'invito del 98° congresso del Cai a Predazzo:
" Caro Salsa,
ti invio questo mio intervento perché sia letto nella sede appropriata. Mi dispiace non essere venuto, ma nella lettera capirai. Cari amici, E’ curioso che non possa essere qui tra voi perché il mio giornale mi ha spedito a occuparmi di montagna. Questa mia diserzione è figlia della stessa emergenza che sarà sul tavolo dei vostri lavori. Devo vedere cosa accadrà quando la scure dei tagli pubblici si abbatterà sulle ultime scuole lasciate a presidio delle valli più lontane e spopolate. Lo dico con dolore. Per l’ennesima volta devo monitorare un abbandono di terre alte che apre la strada ai… cinghiali, al degrado e al saccheggio delle risorse. Il mio disappunto per non essere qui a Predazzo è attenuato – ma solo in piccola parte - da questa mia “chiamata alle armi” a difesa dei territori di cui - oggi qui - vi occupate. Questa mia non è una semplice lettera formale di scusa per un’assenza. E’ qualcosa di più. E’ un’invettiva contro il degrado della montagna di cui vorrei che il Cai tenesse conto, e quindi vorrei fosse considerato un intervento a tutti gli effetti. Ritengo che i lavori sulla Tutela ambientale debbano essere prioritari su qualsiasi altra discussione, tale è l’emergenza che ci troviamo a fronteggiare. Tutto il resto – reclutamento soci, cultura, manifestazioni - sono quisquilie rispetto alla trasformazione biblica cui stiamo assistendo e che la civiltà dello spreco fa di tutto per non farci vedere nella sua reale gravità. Gli alpinisti non sono una casta. Essi fanno parte dell’Italia e non devono tutelare se stessi per costruirsi serre riscaldate, ma esporsi in prima linea – nel vento forte - per tutelare coraggiosamente il loro Paese, il nostro Paese, senza guardare in faccia nessun Governo, nessun colore politico, nessuna confraternita di pressione economica o politica. Vorrei che il Cai sapesse di essere una lobby e di avere una massa critica e una capacità di pressione sufficienti a cambiare le cose, una forza d’urto che esso può esercitare, se necessario, platealmente, facendosi sentire con iniziative clamorose sotto il portone del Palazzo. Non ci sono più alibi per defilarsi. Ho cominciato a frequentare la montagna da bambino. Da adolescente ho sognato le prime arrampicate leggendo “Alpinismo Eroico” di Emilio Comici, e talvolta, inseguendo questo eroismo ho rischiato la vita da incosciente. Erano gli anni in cui, specialmente nella mia Trieste, le Alpi erano le sentinelle della Nazione. Da Aosta a Tarvisio gli Alpini uscivano ancora con i muli. Poi è arrivata la stagione adulta, il sesto grado, le nuove vie aperte in Pale di San Martino, Gruppo dell’Agner, Dolomiti della Sinistra Piave. A trent’anni ho lasciato l’arrampicata, quando ho messo su famiglia, ma ho continuato a frequentare la montagna con occhio attento alle sue genti e al suo habitat. Negli anni seguenti ho raccontato l’Alpe come giornalista e scrittore, continuando a percorrerla in silenzio, e più la percorrevo, più aumentava la mia insofferenza per certo alpinismo – ginnico, narciso e dunque infantile - che puntava all’estremo ignorando tutto ciò che circondava lo strapiombante itinerario verso la vetta. Tutto, a partire dagli uomini. Essi non vedevano l’agonia dei ghiacciai, l’inselvatichirsi del territorio, la desertificazione dei villaggi, la requisizione delle sorgenti, l’aggressione agli ultimi spazi vergini, la cementificazione degli altopiani, la costruzione di impianti di risalita nel cuore di parchi naturali. Non reagivano allo smantellamento del paesaggio che la nostra Costituzione ci impone di tutelare. Nel 2003, l’anno della grande sete, ho monitorato le Alpi, in un affascinante viaggio di quattromila chilometri dal Golfo di Fiume fino alle Alpi Liguri. Ne ho tratto un racconto a puntate uscito in 23 puntate su “la Repubblica”, una pagina al giorno. Il Grande Male che ci mina dall’interno era visibile ovunque, nel prosciugamento dei fiumi. Mai nella storia d’Italia, erano stati così spaventosamente vuoti. Il loro simbolo era il Piave, teoricamente sacro alla Patria, ma praticamente ridotto a un rigagnolo, un greto allucinante spesso più alto delle stesse strade che lo costeggiano. Uno stupro perpetrato dalla stessa Enel che aveva ereditato il Vajont. Non esiste in Europa un Paese con i fiumi nello stato pietoso di quelli italiani. Le nostre acque non mormorano più, sulle nostre valli scende una cortina di silenzio funebre di cui nessuno parla. La gravità della situazione non sta solo in quelle ghiaie allucinanti, ma nel fatto che pochissimi le notino, nel fatto che TUTTO attorno a noi – dalla pubblicità audiovisiva nelle stazioni alla dipendenza nazionale dai telefonini - è costruito perché non ci rendiamo conto del disastro e continuiamo a dormire sonni tranquilli fino a requisizione ultimata delle risorse superstiti. L’opinione pubblica italiana dorme, sta a noi svegliarla. Sta a noi, innamorati della montagna, ricordare che l’Italia è malata e nonostante questo c’è chi vuole succhiarle le ultime risorse. Una notissima multinazionale dell’alimentazione sta apprestandosi a requisire le ultime fonti dell’Appennino tosco-emiliano; altre società hanno catturato le residue sorgenti libere della Val Tellina con la scusa di preservare una risorsa preziosa. Si inventano eufemismi per consentire gli espropri: per esempio “neve programmata”, per nobilitare quel salasso di fiumi moribondi che si chiama innevamento artificiale. Si afferma che pompare acqua dai fiumi serve a sostenere l’economia della montagna e quindi a evitare lo spopolamento, ma tutti – anche i citrulli – sanno che quegli impianti affogano in deficit spaventosi che la mano pubblica, resa sensibile da opportune donazioni, sarà chiamata a coprire con i nostri soldi. E tutti, nel comparto, sono a conoscenza che più nessuno in Austria, Francia, Slovenia, Svizzera e altre nazioni montanare d’Europa, programma seggiovie a quote dove la neve non arriva se non episodicamente. Ma la grande scoperta della mia vita di giornalista è stata l’Appennino, che ho percorso metro per metro nel 2006, dando vita a un’altra serie di reportage. Ho scoperto un arcipelago di meraviglie e una rete di uomini-eroi che si ostinano a resistere in quota perché hanno la lucida certezza che l’equilibrio del nostro Paese dipende dalle terre alte. Un’Italia minore, dimenticata dal potere, della quale temo che il nuovo federalismo in auge servirà solo a sdoganare il saccheggio. Il simbolo di questa aggressività suicida del Paese verso la sua montagna l’ho visto incarnato nella pastorizia, massacrata di divieti e schiacciata da un’alleanza fra burocrati di provincia e una grande distribuzione che spaccia nei nostri negozi carne straniera senza nome e senza qualità. La pastorizia, cenerentola dimenticata, dopo essere stata per secoli inestimabile ricchezza del Paese. Sempre più spesso capita che ai piccoli comuni spopolati e in bolletta si presentino emissari di grandi aziende che, in nome dell’equilibrio ambientale e altre cause nobili come l’abbattimento del CO2 o il salvataggio delle acque, propongano la costruzione di piccole o grandi centrali, come quella a biomasse che presto stravolgerà la parte più intatta dell’Appennino parmense. Senza più lo Stato alle spalle, questi Comuni non hanno più gli argomenti tecnici e la capacità contrattuale per dialogare alla pari con questi giganti danarosi, capaci di mettere a tacere qualsiasi resistenza. La montagna da sola non ce la fa a proteggersi. Anzi, talvolta è la peggior nemica di se stessa. Per questo credo che, oggi nel Cai, il ruolo di sentinella dell’Alpe vada rivisto. Noi soci restiamo sentinelle, certo: sapendo però che il nemico non è più esterno alla frontiera, ma abita qui e si muove come vuole nella finanza, nell’economia e nella politica del Paese. Per batterlo serve un’alleanza fra città a provincia, alpinisti e montanari. Il Cai deve ritrovare lo spirito delle origini, laico e indipendente dell’Italia post-risorgimentale che partì alla scoperta di se stessa, monitorando, crittografando, esplorando con passione ogni angolo sperduto del territorio appena unificato. L’Italia è un Paese di montagna, e non voglio che diventi un’esausta colonia, a disposizione di poteri senza patria. E verrà un giorno in cui i fiumi si svuoteranno, l’aria diverrà veleno, i villaggi saranno abbandonati come dopo una pestilenza, giorni in cui la neve e la pioggia smetteranno di cadere, gli uccelli migratori sbaglieranno stagione e gli orsi non andranno più in letargo. Verrà anche un tempo in cui gli uomini diverranno sordi a tutto questo, dimenticheranno l’erba, le piante e gli animali con cui sono vissuti per millenni. Sembrano le piaghe d’Egitto. Invece è l’Italia di oggi. Pensate che uno ci dica tutto questo, un profeta solitario incontrato per strada. Gli daremo del matto? Oppure taceremo per la vergogna di ammettere che è già successo e di non aver fatto niente per impedirlo?
Paolo Rumiz "

lunedì 18 maggio 2009

da www.larena.it: Apre Malga Brione restaurata dal Gasv

BRENZONE. Un nuovo bivacco, punto di ristoro per escursionisti e una bella base per esplorazioni speleo sul Baldo. Festa, domani e domenica dalle 11, a Malga Brione, antico gioiello un tempo usato per l'alpeggio, concesso in uso gratuito dal Comune al Gasv (Gruppo attività speleologica veronese) che intanto inaugura in compagnia e farà poi visite guidate. I volontari hanno lavorato giorni per pulirla e renderla accogliente, c'è ancora da fare per sistemare il pascolo e aprire definitivamente il baito a tutti. Malga Brione è vicina a Prada, a quota 942, si raggiunge passando per Val Trovai e dal lago. «I sentieri d'accesso sono segnalati da tabelle. Il numero 32, in Val Trovai, è più rettilineo e di dislivello inferiore mentre il 654, da Sommavilla, è più impegnativo, passa per Malga Zovel», spiega Alfonsina Cuccato del Gasv..... leggi tutto l'articolo

domenica 10 maggio 2009

Spostamento di data !! -> 18-19 luglio 2009: Dal Rifugio Contrin al Rifugio Falier – Giro del Sasso Vernale

abbiamo pensato di spostare la data in oggetto al weekend del 18-19 luglio. Eravamo preoccupati per la quantità di neve ed i relativi attraversamenti dei due passi ad alta quota, la gita era programmata per i primi di luglio.
Vi aspettiamo numerosi per questa fantastica gita, che avrà come sfondo tutta la parete sud della Marmolada !
Info ed iscrizioni:
Enrico Bergamini tel 339 7763285 – Lucano Mozzo tel 329 6478906

mercoledì 6 maggio 2009

Bimbimbici 2009 a Verona

in attesa della "ciclabile della Valsugana" - domenica 17 maggio 09 - continuamo a parlare di bici.
Segnaliamo una bella e divertente iniziativa dal sito http://www.amicidellabicicletta.it/ di Verona.
" il 10 maggio torna la manifestazione FIAB
Bimbimbici 2009 -
Tradizionale gioiosa pedalata promossa dalla FIAB allo scopo di riaffermare il tema della sicurezza dei più piccoli negli spostamenti quotidiani. Biciclettata a Verona, a San Bonifacio (24 maggio) e a San Giovanni Lupatoto "

venerdì 1 maggio 2009

Domenica 17 Maggio 2009

Biciclettata in Valsugana
Anche quest'anno per mantenere una tradizione che va consolidandosi nel corso delle ultimi calendari gite degli amici della montagna, andremo a percorrere questo bellissimo tracciato che sostanzialmente fiancheggia il corso del fiume Brenta a partire dal Lago di Caldonazzo per arrivare sino a Borgo Valsugana(e oltre se il tempo ce lo permette).
Si tratta di una gita aperta a tutti (purché con un minimo di allenamento alla pedalata)in quanto il percorso non presenta grosse difficoltà a parte qualche piccolo strappo in salita.
Uno degli scopi di questo tipo di gite è di far conoscere ai soci e ai partecipanti un modo nuovo di conoscere il territorio e allo stesso tempo di divertirsi utilizzando un mezzo super-ecologico come la bicicletta che

consente di muoversi nella natura con un bassissimo impatto ambientale.
Auspicando che anche nel territorio veronese possano aumentare dei percorsi di questo genere (che potrebbero essere anche un volano eccezzionale per delle forme di turismo alternativo) vi aspettiamo numerosi Domenica 17 Maggio.

Per informazioni ed iscrizioni:Gianni Morandini tel 348 5290404

Attenzione:E' possibile noleggiare sul posto la bicicletta e in questo caso il termine inderogabile per l'iscrizione saranno le ore 13 del 14 Maggio(dobbiamo prenotare in tempo le biciclette).

Il costo per il noleggio della bicicletta si aggira attorno ai 16/17€per il giorno intero.
C'è inoltre la possibilità di noleggiare dei "cammellini"per i bambini.

Luogo e ora di partenza:
Casello di VR sud ore 07.30
Percorso Stradale: VR sud-Autostrada A22 con uscita a TRENTO centro-SS47 della Valsugana fino a Caldonazzo.
Lunghezza del percorso: 35 Km (con possibiltà di qualche variante)
Descrizione dell'itinerario: Dal centro di Caldonazzo prenderemo una stradina di campagna che ci porterà in pochi minuti sul percorso della ciclabile e da qui in poi percorerremo sempre in leggera discesa il tracciato che sostanzialmente fiancheggia il corso del fiume Brenta.
Una parte del percorso si svolge su tratti di strada in parte utilizzati anche dai mezzi agricoli ma visto il volume di traffico non presenta alcun pericolo.
Il percorso fino a Borgo Valsugana si svolgerà appunto in un paesaggio agricolo tipico di una valle di montagna caratterizzato dalle coltivazioni di mele e di mais(è particolarmente famosa la
polenta della Valsugana).
Una volta arrivati a Borgo Valsugana ci si fermerà per una sosta per consentirci di consumare il pranzo al sacco,dopodichè riprenderemo a ritroso il percorso con meta le sponde del lago di Caldonazzo per terminare la gita in riva al lago