giovedì 31 luglio 2008

Ma il sentiero è da aggiustare - da www.larena.it

" Il sentiero del pellegrino, che da Brentino Belluno porta alla Madonna della Corona, è solo il più famoso di tanti percorsi che che si snodano tra Valdadige, Monte Cimo e falde del Baldo. Un patrimonio da preservare, come si propone il «progetto di recupero dell’antica viabilità pedonale ordinaria e devozionale nel Comune di Brentino Belluno sul versante Monte Baldo», che è stato dichiarato ammissibile di beneficiare dei contributi europei, a parere del servizio patti territoriali e progetto Unione europea della Provincia di Verona, di cui è responsabile Isabella Ganzarolli.Il progetto è stato presentato anche al vescovo, monsignor Giuseppe Zenti, dal sindaco Virgilio Asileppi e dagli assessori regionali alle politiche dell’ambiente, Giancarlo Conta, e al bilancio, Maria Luisa Coppola, e da Laura Poggi assessore provinciale alle attività produttive (commercio, industria e artigianato) beni ambientali e politiche comunitarie.Ancora il 13 giugno erano stati illustrate ai Comuni le opportunità che derivano da un bando regionale, in base a cui la Regione Veneto accoglie e finanzia alcuni progetti accogliendo una graduatoria stilata dalla Provincia di Verona. Il 3 luglio ai Palazzi Scaligeri si sono così riuniti i cosiddetti tavoli di concertazione che sono stati presieduti dall’assessore alle attività produttive e beni ambientali Laura Poggi. In quest’occasione sono stati valutati una ventina di progetti e votati i tre giudicati ammissibili a finanziamento. Tra questi c’è appunto quello presentato dal sindaco di Brentino Belluno, Virgilio Asileppi, che lo ha illustrato con Serena Cubico, consigliere comunale a Ferrara di Monte Baldo.Da oltre due anni Asileppi chiede invano fondi in Regione per questo piano naturalistico-storico e ambientale che prevede un spesa globale di quasi 600mila euro e che gode già di un contributo di circa 150mila euro garantiti dalla fondazione Cariverona. «Il piano considera il riordino di un vasto reticolo di cui il sentiero del pellegrino è la spina dorsale», spiega il sindaco di Brentino Belluno. «Via millenaria, storica e nota in tutta Italia, è il più frequentato dell’anello da noi studiato».«Si sono impegnati ad aiutarci», continua Asileppi, «anche gli assessori Coppola e Conta, con cui mi sono recato dal vescovo Zenti nella speranza di impegnarli irrevocabilmente», sorride il sindaco. «Il vescovo ha espresso i suoi apprezzamenti», a sentire Asileppi, «e ci ha detto di aver percorso il sentiero una sola volta, vent’anni fa, aggiungendo che desidererebbe tornarvi. Speriamo di poterglielo presentare più ordinato, visto che da anni versa in pessimo stato e che le ultime piogge lo hanno ulteriormente devastato».Poi Asileppi torna al recente tavolo di concertazione: «Sono intervenuti rappresentanti di comuni del Nord e del Sud del Veronese», spiega. «È stato espresso un parere e stilata una graduatoria d’interventi da proporre alla Regione. Tra i cinque progetti ad avere ottenuto il via libera della Provincia c’è il nostro e, nell’ambito della Comunità montana del Baldo, la sistemazione di Campo di Brenzone. Chissà che non sia la volta buona», allarga le braccia.«Ho già presentato questo progetto in Regione due volte, adesso tentiamo anche questa strada» conclude il sindaco di Brentino Belluno.In sintesi, il piano prevede interventi al sentiero del pellegrino, al sentiero Monte Baldo-Malga Orsa-Val d’Orsa-Madonna della Corona, sentieri indicati nella planimetria generale secondo i seguenti itinerari: da Orsa a Brentino, da Capitello d’Orsa a Pian di Festa, dalla strada di Festa a Rivalta e da Festa a Belluno Veronese, da passo del Casello a Passo della Crocetta a Festa, da Cerbiolo a Pian di Festa. È un anello pedonale immerso in una zona di pace, che si percorre in non meno di cinque ore e dove si può intrattenersi per un’intera giornata. L’itinerario più conosciuto è il sentiero del pellegrino, che va da Brentino Belluno alla Corona, lungo 2425 metri per un dislivello di 470 metri circa, formato da un migliaio di scalini, di cui 260 scavati nella roccia. " B.B.
[Fonte : L'Arena del 27 Luglio 2008]

giovedì 24 luglio 2008

Bus antinquinamento per i turisti del Baldo. Da www.larena.it

" Negli uffici della stazione a monte della funivia è stata illustrata, alla presenza di Tiziano Mellarini assessore al turismo della Provincia Autonoma di Trento, la novità di questa estate: il Monte Baldo Express, un minibus che tutti i martedì e venerdì di luglio e agosto farà spola tra l’Altopiano di Brentonico e la funivia di Malcesine.«Si tratta di un arricchimento reciproco nell’offerta proposta ai turisti del lago e del Baldo ed un invito», dicono Marco Fontanari presidente dell’Apt Rovereto e Vallagarina, e il vicesindaco di Brentonico Dante Dossi, «per rispettare la montagna, limitando l’inquinamento ambientale. Sulla stessa lunghezza d’onda il vicesindaco di Malcesine Giuseppe Lombardi che ha ricordato come un tempo con il “pascolo del bestiame i contatti tra Brentonico e Malcesine erano più assidui. Occorre ritrovare, in ambito turistico, questa collaborazione per rilanciare la montagna, senza confine territoriali”».Nove le tappe lungo il tragitto funivia Malcesine-Monte Baldo - Brentonico, per soddisfare le esigenze di tutti gli amanti della montagna: famiglie con bambini, anziani, giovani, escursionisti esperti e non. Poco a valle della funivia (Tratto Spino) si può imboccare il sentiero di Ventrar («Sentiero dei fiori»). Poi sosta successiva al rifugio Bocca di Navene, punto panoramico sulle acque del Garda. Terza tappa al Rifugio Graziani. Di qui gli amanti della buona tavola potranno passeggiare fino a Malga Campo per acquistare formaggi genuini e burro freschissimo.Il rifugio è anche punto di partenza per un’escursione sul Monte Altissimo (400 metri di dislivello). I più esperti potranno invece scendere alla fermata successiva, a San Giacomo (Hotel San Giacomo), e di qui raggiungere la vetta dell’Altissimo (con un dislivello di 1000 metri). Da San Giacomo con una breve passeggiata si raggiunge anche l’agritur Malga Mortigola, dove si possono acquistare ottimi formaggi freschi e stagionati oppure dilettarsi con la pesca sportiva. La sosta a San Valentino (Hotel Bucaneve) è consigliata a chi voglia raggiungere con una breve passeggiata Baita Costa Pelada, oppure rinfrescarsi nei pressi del laghetto non lontano dal camping Ciclamino.La seconda fermata di San Valentino (Hotel Sole del Baldo) è ideale per chi vuole conoscere una delle chicche del Baldo, la riserva naturalistica di Bès Corna Piana. Stop successivo a Polsa, da dove si può percorrere parte del Sentiero della pace e avventurarsi alla scoperta del Corno della paura e delle sue gallerie con vista panoramica sulla valle dell’Adige. A Polsa potranno fare tappa anche le famiglie con bambini, per sperimentare il nuovissimo Family Adventure, il parco-avventura immerso nel verde dei boschi della Polsa. Da Prada invece gli appassionati di storia potranno raggiungere Saccone e visitare la mostra allestita in occasione del novantesimo anniversario della Grande Guerra, che sarà inaugurata domani alle 17.30 presso la Casa Sociale di Saccone. Il capolinea è a Brentonico, grazioso centro dove ha sede il museo del fossile, il giardino botanico e la mostra Provato e Certo.Il minibus è attivo il martedì e il venerdì con corse mattutine e pomeridiane. Per garantire un servizio ottimale la prenotazione è obbligatoria, all’Ufficio turistico di Brentonico (0464 395149). In caso di pioggia il servizio non è disponibile.(Stefano Joppi) "
[Fonte : L'Arena del 24 Luglio 2008]

martedì 22 luglio 2008

tutti pronti per il Civetta

photo tratta dalla guida Kompass delle ferrate Dolomiti SUD
...siamo sui blocchi di partenza, sabato e domenica prossimi è programmata la gita che avrà come meta la cima del Civetta attraverso la "mitica" via degli alleghesi.
L'affluenza è delle grandi occasioni, previsti 13 partecipanti.

Confidiamo nel bel tempo e nelle foto !!

sabato 19 luglio 2008

un pensiero per Nones e Kehrer..

Nanga Parbat -
photo by Steve House
un pensiero accomuna noi impotenti alpinisti, forza ce la farete
da http://www.montagna.tv/?q=node/8087: "Visti di nuovo: Nones e Kehrer salgono verso la sella"
da
http://www.planetmountain.com/News/shownews1.lasso?l=1&keyid=36232 Per Karl Unterkircher +

A Campobrun si è fermato il tempo

(photo by www.magicoveneto.it)
Da L'Arena del 18 Luglio 2008:
Se le mucche immaginassero il paradiso, con buona probabilità se lo figurerebbero molto simile all’Alpe di Campobrun: una splendida conca a 1.800 metri di quota, ricca di erba verdissima punteggiata da fiori gialli, di una stalla accogliente e di malgari premurosi che provvedono alla mungitura due volte al giorno, lasciando poi liberi gli animali di pascolare in un luogo dove non esiste alcuna forma di pericolo né di disturbo. Insomma, un paradiso, con tanto di angeli che lo custodiscono.Due, per l’esattezza: Lino e Leone Peloso. Originari di Campofontana, i fratelli Peloso a Campobrun rappresentano ormai un’istituzione, fanno parte del paesaggio estivo. In quella malga situata nel cuore del Carega, su quei prati racchiusi fra i contrafforti settentrionali del monte Plische e quelli meridionali della Costa Media di Cima Carega, nella conca erbosa che rappresenta l’embrione di quella che poi diventerà la Val d’Illasi, Leone e Lino da più di 50 anni trascorrono l’estate con la mandria. Per l’esattezza dal 1953. La data non deve stupire, perché Lino e Leone hanno 79 e 76 anni.Siamo sicuramente di fronte a due fenomeni, perché al giorno d’oggi sono ben pochi, non solo in città ma anche in montagna, quelli che, passata la settantina, sono in grado di vivere tre mesi in una malga isolata senza acqua corrente, elettricità e senza telefono, dal momento che lassù non c’è segnale per i cellulari e men che meno la linea telefonica. Ma a loro va bene così. L’importante è stare lì, far pascolare le mucche su quei prati ricchi d’erba e di fiori e produrre burro, formaggio e ricotta. Tutti prodotti buonissimi e genuini.Il burro, poi, a detta di chiunque l’abbia assaggiato è il più buono della montagna veronese. E che questi prodotti, proprio perché genuini, non facciano male alcuno (alla faccia del colesterolo) ci sono Lino e Leone a dimostrarlo: burro, ricotta e formaggio sono il loro cibo quotidiano da mezzo secolo, eppure hanno entrambi un fisico asciutto e tonico da far invidia anche a un cinquantenne. Non si pensi che la vita del malgaro sia una vacanza, però. Lino o Leone sono sempre indaffarati, dalle sei del mattino fino a sera quando, dopo aver riportato le mucche in stalla ed averle munte per la seconda volta, finalmente si concedono la cena e una buona dormita. Ogni tanto, a dire il vero, Leone confessa di concedersi una breve pennichella pomeridiana, mentre Lino a riposarsi non ci pensa neppure: di poche parole, dotato di una resistenza alla fatica che ha dell’incredibile, vuole seguire minuto per minuto il ciclo di lavorazione dei prodotti caseari. E guai distrarlo. Tanto lavoro e tanto impegno vengono ricompensati soprattutto dal piacere di portare avanti una tradizione antica.Per loro, infatti, l’attività in malga più che un lavoro è una modo di vivere, oltre che un buon pretesto per portare le mucche su pascoli più alti di quelli di casa. «Se le tenessimo tutto l’anno a Campofontana», spiega Leone, «le nostre bestie mangerebbero tutta l’erba dei prati e non ne avremmo più da tagliare per fare le scorte di fieno per l’inverno. In più l’erba di Campobrun è un toccasana per gli animali che, quando tornano a Campofontana, sono più sani e più robusti». Purtroppo delle 40 mucche di proprietà dei Peloso, solo 25 possono essere portate a Campobrun. Il pascolo, infatti, non può fornire nutrimento ad un numero superiore di bestie. «Bisognerebbe che venissero tagliati un po’ di mughi», dice sempre Leone, «in modo da poter ampliare il terreno di pascolo. Una volta c’era spazio per una quarantina di animali, oggi ci dobbiamo accontentare. Ma a noi basta anche così».La malga attuale è stata costruita negli anni Cinquanta, quelle originarie risalgono alla fine del secolo scorso, ancora visibili a poche decine di metri dall’edificio. «Nella prima metà degli anni Cinquanta», racconta Leone, «lavoravamo nelle malghe vecchie. Dal 1957, cioè da quando è stata finita la malga nuova, quelle vecchie sono state abbandonate, ma c’è un progetto per il recupero. Sarebbe un vero peccato che andassero distrutte».(Eugenio Cipriani)
Fonte : L'Arena - 18 Luglio 2008

lunedì 14 luglio 2008

Via ferrata degli Alleghesi - Civetta

26-27 luglio 2008
Dolomiti - Alpinistica

La ferrata che sale lungo lo sperone est della Piccola Civetta, collegandosi poi alla cresta nord della Civetta per raggiungerne la cima, è un itinerario di grande bellezza, molto vario e impegnativo. Data la lunghezza, l'altitudine e l'ambiente severo, questa via ferrata deve essere affrontata con preparazione e solo in caso di bel tempo, poiché un improvviso cambiamento del meteo la può facilmente trasformare in una trappola. L'itinerario è segnato e per gran parte attrezzato, tranne alcuni tratti di cresta che in condizioni normali, senza ghiaccio o neve, non presentano particolari difficoltà.

Per info ed iscrizioni:
Silvano Pasquali tel 348 5232109
Andrea Negri tel 348 8727006—335 7186186
Quota d’iscrizione non soci Adm 3 €
ATTENZIONE: l'attività escursionistica e alpinistica è soggetta a rischi e pericoli soggettivi ed oggettivi. L'associazione Amici della montagna declina ogni responsabilità in ordine ad eventuali infortuni che dovessero verificarsi in danno dei partecipanti nel corso delle escursioni programmate. Si fa presente che l’Associazione Amici della Montagna ha natura prettamente amatoriale, senza scopi di lucro, ed i suoi organizzatori e capo gita non sono professionisti, ma semplici appassionati della montagna, le cui competenze ineriscono esclusivamente alla logistica ed all’illustrazione dei percorsi escursionistici. Si esclude, pertanto, l’assunzione da parte degli stessi di qualsivoglia responsabilità riguardanti la tutela dell’incolumità dei partecipanti. Si fa, infine, presente che la partecipazione alle gite da parte di minori è ammessa solamente laddove questi siano accompagnati da genitori o da accompagnatori adulti che se ne assumano ogni responsabilità.

Luogo e ora di partenza: Parcheggio di Verona Sud ore 7:30
Attrezzatura indispensabile:
Zaino e pedule/scarponi
Maglione, giacca a vento, cappello e guanti
Abbigliamento adeguato alla quota da raggiungere
Caschetto
Imbragatura e set da ferrata
Pranzo al sacco per il pranzo di sabato
E’ prevista la mezza pensione presso il rifugio Coldai (cena+pernottamento+colazione)
Difficoltà:
percorso alpinistico, via ferrata lunga con tratti di primo grado di arrampicata.
Richiede allenamento ed esperienza di percorsi attrezzati.
Dislivello e tempi:
1°giorno: 750 m. 2,30 ore (accesso al Rifugio Coldai)
Il primo giorno è prevista salita con un impianto, da Alleghe fino ai Piani di Pezzè.
2°giorno: 1150 m. di sola salita — 5 ore (solo salita)
Descrizione della Ferrata degli Alleghesi:
Dal rifugio Coldai (2132 m) si segue il Sentiero Tivan che aggira la Civetta sul lato orientale (n. 557). Raggiunta la sella pietrosa della Porta del Masaré (2320 m circa, 1 ora), si svolta a destra sul sentiero che porta all'attacco della ferrata, che sale per un evidente sperone roccioso. Seguendo i cavi metallici, sl perviene a un salto di roccia superabile grazie a scalette di ferro, e si prosegue sempre seguendo i segni rossi superando tratti esposti, canalini, camini e cenge, fino a una forcella tra una elevazione secondaria di Punta Civetta. Da qui, in leggera discesa, si raggiunge una cengia su cui si trova un grande masso, e si prosegue sempre seguendo i segni e gli ometti fino a guadagnare la cresta nord della Civetta, subito a sud della Punta Civetta. Si prosegue sempre sul versante est superando facili gradoni e ghiaie fin sotto Punta Tissi, andando a riprendere i cavi metallici dove la parete diventa di nuovo verticale. Si prosegue così lungamente seguendo i cavi per un canale e poi una serie di gradoni, sempre sul versante est, fino a portarsi sul filo di cresta con una spettacolare visuale sulla sottostante Vai Civetta e sul rifugio Tissi. Da qui si guadagna rapidamente la cima. La discesa è per la via Normale.

martedì 8 luglio 2008

Ferrate, seconda giovinezza - da www.larena.it

" Non hanno perso il loro fascino le vie ferrate del Gruppo del Carega, anche se da un certo punto di vista alpinistico sono state guardate in passato con sospetto se non addirittura odiate perché toglievano alla roccia la sua purezza e degradavano l’alpinismo. Invece un grande alpinista come Giancarlo Biasin, accademico del Cai, che nella sua breve vita aveva compiuto circa 180 salite, una cinquantina di sesto grado, aperto tre nuove vie sulle Alpi e diverse altre sulle Piccole Dolomiti, immaginava che le ferrate potessero portare in montagna anche chi per timore o doti atletiche se ne stava lontano.«Aveva il potere di trascinare anche i morti», hanno raccontano i suoi compagni di ascensioni ed è stato questo suo impulso probabilmente a fargli immaginare sul Gruppo del Carega nella parete di Passo Pertica, dove già aveva aperto tre difficili vie, di disegnare e cominciare a tracciare la ferrata che oggi porta il suo nome. Ardita via di roccia iniziata con la collaborazione di Ruggero Claudio che la completerà.La prima in assoluto, aperta 50 anni fa, è la ferrata «Carlo Campalani» lungo il roccioso e panoramico sperone sudest di Cima Carega. «È nata da un’intuizione di mio padre Nereo», racconta Ruggero Claudio, allora quindicenne. Il papà, ufficiale alpino alla Scuola militare di Aosta, aveva avuto per compagni nomi che hanno fatto la storia dell’alpinismo del ’900: Bramani, Castiglioni, Detassis, Soldà.Quando tornerà a Verona, a fine guerra, dopo essere scampato alla spedizione in Russia per il lavoro strategico alle fonderie La Cogne, farà l’ispettore del rifugio Scalorbi per il Gruppo alpino operaio (Gao) di Verona e lì, guardando nell’inverno la parete sudest di Cima Carega sgombra di neve grazie alla sua esposizione, immaginerà il tracciato di quella ferrata che sarà realizzata come un gioco e un divertimento nell’arco di un anno con l’aiuto di Bepi Bonazzi, Toni Conterno, Vittorio Marangoni, Renato Nicolis, il figlio quindicenne Ruggero, Sandra Righetti e Fernanda Testi addette alla cucina e ai rifornimenti.Tutti sono stati ricordati e ringraziati domenica al rifugio Scalorbi in una semplice cerimonia dal presidente del Gao Carlo Signoretto e dal vice Guido Blasi, sulle melodie del coro «La voce del Rengo», diretto dal maestro Piero Zamboni, che ha caricato l’evento dell’atmosfera tipica che caratterizza la solidarietà e l’amicizia tra la gente che frequenta la montagna per passione.La terza via attrezzata nel gruppo del Carega, molto frequentata dai veronesi, è il Sentiero Angelo Pojesi, che rispetto alle altre due vie patisce però la posizione meno esposta: il tracciato è per gran parte in ombra nella prima parte della giornata e impraticabile quando la neve copre i contrafforti del Carega verso la Val dei Ronchi. (Vittorio Zambaldo ) "
Fonte : L'Arena del 08 Luglio 2008

lunedì 7 luglio 2008

ieri ..28 anni fa. Serracco della Presanella

...alba del 29 giugno del 1980, Bruno Bettio e Stefano Tedeschi giovani alpinisti di Verona, si accingono a superare per primi, direttamente, senza far uso di mezzi artificiali, con la allora innovativa e moderna tecnica della piolet traction, il serracco della Presanella.
Trenta anni fa il serracco era molto gonfio, la parete ancora piena di ghiaccio e quindi le difficoltà molto più alte delle attuali. Un recente crollo del fronte del serracco (2006) ha reso questo percorso più abbordabile. L'originaria salita del 1980 presentava lunghi tratti di ghiaccio verticali, estremi per l'epoca.

28 anni dopo, domenica 28 giugno 2008 mi ritrovo a fianco dei "due" e del mio compagno Marco Demo. Saliamo al Rifugio Denza e bivacchiamo in tenda. Serata divertente e molto tranquilla, ottima scelta quella della tenda.
Partenza alle 3.30. L'eventualità di legarsi con i "due" e ripetere il serracco si è palesata più volte durante il buio percorso di avvicinamento....(orrore). Alla fine io e Marco scegliamo la più "mansueta" classica parete nord.
La mansueta Nord ci ha comunque molto impegnati: alte temperature, presenza di ghiaccio e qualche scarica di pietre.
I nostri amici sono stati sfortunati, quasi colpiti da una importante scarica di sassi sotto il serracco, hanno preferito fare retromarcia. Sarà per il prossimo anniversario ! le condizioni sono veramente cambiate, percorsi di questo tipo sembrano ormai percorribili soli inverno o primavera.
Mi auguro di mantenere il loro entusiasmo e tenacia nei prossimi anni ! c'è molto da imparare.

I SUONI DELLE DOLOMITI sui Lessini

fonte: http://www.isuonidelledolomiti.it/
" Unire le grandi passioni per l’arte e l’ambiente in un teatro naturale che non ha paragoni: le montagne del Trentino.Ecco I Suoni delle Dolomiti, un ciclo di concerti all’insegna della libertà e della naturalità in luoghi di straordinaria suggestione dove la musica viene proposta in piena sintonia con l’ambiente circostante.Al Festival partecipano musicisti di fama internazionale, artisti e amanti della montagna che nel rispetto dell’ambiente si uniscono al pubblico e raggiungono a piedi i luoghi dei concerti, strumento in spalla.In cammino verso l’arte e la natura. Tiziano MellariniAssessore all’Agricoltura, al Commercio e Turismo della Provincia autonoma di Trento "

Martedi 29 luglio c'è in programma "vicino" a noi:
Amalgamiamoci: Trekking musicaleProgetto Speciale per I Suoni delle Dolomiti
Da anni gli incontenibili tipi della Banda Osiris si danno appuntamento sulle Dolomiti per presentare nuovi progetti, quantomeno singolari ma sempre in piena sintonia con lo spirito e la collocazione ambientale del festival. Dopo varie incursioni nei pressi di rifugi, l’ideazione di una composizione per impianti di risalita, il viaggio dell’anno passato alla ricerca dei musicus dolomiticus, è adesso la volta di un vero e proprio trekking musicale. Il titolo è già tutto un programma: Amalgamiamoci. E c’è da stare sicuri che i quattro formidabili comici-musicisti ne faranno di tutti i colori, dando fondo al vastissimo bagaglio di musiche, gag e quant’altro di cui sono fornitissimi.

PROGRAMMA
Amalgamiamoci è un trekking musicale della durata di 3 ore, viene proposto 3 volte nell’arco del pomeriggio lungo un percorso circolare che parte e ritorna alla Busa di Malga Maia, passando dall’albero secolare La Regina e da Malga Corna Fessa.

I partecipanti potranno quindi optare per:
* Il primo trekking con inizio alle ore 14
* Il secondo trekking con inizio alle ore 15
* e Il terzo trekking con inizio alle ore 16
Alle ore 19.30 Gran Finale alla Busa di Malga Maia

mezzo secolo sulla campalani

Da L'Arena http://www.larena.it/ del 5 luglio 2008
Compie cinquant’anni la ferrata «Carlo Campalani», sullo sperone sudest di Cima Carega, e l’anniversario sarà celebrato domani, una domenica proprio come mezzo secolo fa, quando gli associati del Gruppo alpino operaio (Gao) di Verona tagliarono il nastro e scoprirono la stele in marmo dedicata a Campalani. L’idea era partita due anni prima da un gruppo di amici, Bepi Bonazzi, Antonio Conterno, Claudio e Ruggero Nereo, Renato Nicolis, Vittorio Marangoni, Sandra Righetti e Fernanda Testi, che avevano voluto realizzare fra le montagne di casa qualcosa di duraturo che soddisfacesse la loro passione per l’alpinismo e desse lustro all’associazione. Fu scontato dedicare l’opera a Carlo Campalani, classe 1928, morto nel 1955, giovane segretario del Gao e alpinista appassionato, stroncato dalla malattia. Quando fu individuato come ideale il percorso lungo l’anticima sudest del Carega, che divide il vallone della Teleferica da quello di Campobrun, i gaoini di allora, aiutati da mogli e fidanzate, si adoperarono tutti i fine settimana per concretizzare l’opera, tenendo come base operativa il rifugio Scalorbi. Da lì partivano con tutta l’attrezzatura e ogni giorno era un chiodo in più, una staffa, un primo tratto di corda metallica. Occorre considerare che allora non si usavano né generatori di corrente né elicotteri e tutto veniva eseguito manualmente: dal trasporto del cemento agli ancoraggi in ferro. Il lavoro durò un anno, ma portò alla realizzazione della prima via ferrata delle Piccole Dolomiti: oltre 150 metri di sviluppo che attrassero l’immediato interesse di un gran numero di escursionisti, affascinati dalla possibilità di affrontare in sicurezza un percorso alpinistico. La realizzazione fu solo il primo passo, perché da allora e per cinquant’anni l’opera ha avuto bisogno di continua manutenzione e cura, come richiedono le più severe norme sulla sicurezza. Uno di loro, Silvano Brescianini, nel 1983, per i primi 25 anni dell’opera, la rifece completamente, assistito da Franco Baschera, gestore del Fraccaroli, da Renzo Giuliani, che coordinò i lavori e da tanti amici. Da allora Brescianini è diventato l’angelo custode della ferrata, perché non passa stagione che non sia sul posto a controllare, sostituire, modificare secondo le continue e più restrittive norme, sempre coadiuvato da amici e soci. L’appuntamento per il cinquantenario è, come allora, al rifugio Scalorbi domani alle 8. Un gruppo, di cui farà parte anche Renato Nicolis, 80 anni, tra i realizzatori dell’opera, partirà per affrontare la via attrezzata. Altri seguiranno il sentiero normale e per tutti l’appuntamento è al Fraccaroli, dove gli amici della sezione «Battisti» del Cai si adopereranno per un brindisi in amicizia fra due delle più belle e storiche realtà alpinistiche veronesi. Si tornerà insieme allo Scalorbi per la messa delle 11.30, animata dal coro Il Rengo, diretto dal maestro Piero Zamboni. Poi seguirà il pranzo al rifugio e la consegna di un riconoscimento a quanti hanno contribuito a realizzare e a mantenere efficiente la via ferrata.
di Vittorio Zambaldo da l'Arena di Verona del 5 luglio

martedì 1 luglio 2008

Vediamoci in Paradiso, slogan per il nuovo rifugio Chierego (L'Arena)

Da L'Arena www.larena.it del 1 luglio 2008
photo by www.verona.com
«Vediamoci in Paradiso» è lo slogan lanciato da Stefano Lorenzetto, editorialista del Giornale ed ex caporedattore dell’Arena, al convegno organizzato dalla Comunità montana del Baldo al rifugio Chierego. Spiega il presidente Cipriano Castellani: «Siamo qui per il passaggio di proprietà del rifugio dal Club alpino italiano (Cai) alla Comunità montana. Il 30 giugno è anche il terzo anniversario della riapertura degli impianti di risalita sul Baldo. È una giornata di studio quindi sul rapporto fra territorio e turismo». La Provincia di Verona ha contribuito economicamente all’acquisto del rifugio Chierego e al restauro degli impianti di risalita; a rappresentarla c’erano il vicepresidente Antonio Pastorello e Loris Danielli, amministratore di Provincia di Verona Turismo Srl. Il presidente della società Prada-Monte Baldo Srl, Marco Bisagno ha ricordato il valore della seggiovia.Lorenzetto sta preparando un libro dal titolo Baldus, edito da Marsilio in italiana e inglese, voluto dalla Comunità del Baldo. «Con me», ha spiegato il giornalista, «scriveranno anche Vasco Senatore Gondola, Bartolo Fracaroli, Cecilia Tomezzoli, Angelo Peretti ed Eugenio Cipriani. Le foto sono della famosa guida alpina trentina, Daniele Lira».Sarà stata la giornata particolarmente limpida, post-temporale, che ha reso il paesaggio contemplativo, ma sia Fracaroli che Lorenzetto si sono commossi ripercorrendo la storia di queste vette. Fracaroli ha spiegato: «Il Chierego può diventare il perno della conoscenza naturalistica globale del Baldo e la chiave di lettura delle sue risorse, compresa la base per lo studio e il trekking dal massiccio alla Lessinia. Su 52mila specie di farfalle in Italia, 27mila sono sul Baldo, ma è ancora proibito parlare di Parco. Purtroppo sulle fonti di informazione compare sempre il versante trentino nella promozione di questo meraviglioso luogo, dimenticando spesso la parte veronese che è ricchissima e valico di migrazioni. Da questa sella, a metà del 1944, passarono i sette partigiani provenienti da Pasubio che fondarono la divisione Avesani, ricordata in un cippo bellissimo». E ancora: «I rifugi non sono più i tavolacci di una volta e il Chierego credo sia l’unico a possedere anche una piccola biblioteca».Lorenzetto ha proposto diverse iniziative: «Questa è un’oasi di silenzio e tale deve restare. Ci sono centinaia di vegetali da cui si traggono terapie erboristiche. Ci dovrebbe essere un festival dei cori di montagna, come anche un concerto estemporaneo della scuola veneziana, oppure un concerto sotto le stelle, il più alto in quota; notturne per bambini; l’osservatorio astronomico dovrebbe rimanere aperto tutte le sere dell’anno. Bisogna rilanciare l’enogastronomia: ci sono quattro tipi di polenta; fare una scuola di micologia e di zoologia».(Annamaria Schiano)