domenica 13 marzo 2016

I NAUFRAGHI DEL MONTE BALDO.. circa 20 anni fa..

 ..e ci siamo cascati un’altra volta.. Come se non lo sapessimo quanto diventano dure le nostre montagne in condizioni invernali. Conosciute in estate, pascoli per pigre mucche e creste percorse da comodi sentieri si tramutano in inverno in trappole per ignari alpinisti.
Noi c’eravamo dentro con tutti i due i piedi o meglio scarponi..

Eravamo partiti il giorno prima in tre. Dalla stazione di arrivo della seggiovia di Prada (Monte Baldo – Verona) avevamo proseguito lungo la cresta di Costabella. 
Avevamo seguito tutto il percorso di cresta fino al tratto più impegnativo “passo del cammino”. Stavamo attrezzando la discesa in corda doppia. “ma dov’è l’ancoraggio ? a luglio era proprio qui ! lo ricordo bene !” urla Enrico mentre io lo assicuro su uno spuntone di roccia. Intanto parlo con Marco al mio fianco. “per fortuna che oggi pomeriggio scendo..non vorrei essere nei vostri panni, domani” afferma guardando verso il tratto di cresta dopo il rifugio telegrafo. 

Guardo anch’io ed in effetti mi sembra stracarico di neve e molto impegnativo. Cerco di applicare la solita regola (“è inutile che continui a a guardare, tanto sai bene che una volta che ci sei dentro risulterà più facile..non guardare, non spaventarti per niente..”).
Dopo aver scavato per quasi mezzo metro, ritroviamo l’ancoraggio, attrezziamo velocemente la doppia ed in pochi minuti atterriamo di nuovo sul filo di cresta. Ci rendiamo conto della quantità di neve presente nel percorrere la cresta che ci porta al rifugio. La neve non era eccezionale, si sprofondava e sicuramente non infondeva sicurezza..

Arriviamo nel primo pomeriggio al rifugio, Marco ci saluta e scende velocemente verso la valle ed il sentiero che riporta a Prada.
Rimaniamo fuori cercando di catturare gli ultimi raggi di sole, ci rendiamo subito conto di quanto è freddo nel bivacco invernale. E’ una spoglia stanzetta con due letti castello ed un tavolino, con scarso isolamento delle mura. Accendiamo un paio di candele, mi levo l’orologio con il termometro e lo appoggio sul tavolo, sono proprio curioso di verificare quanto riusciamo a scaldare l’ambiente.. è pomeriggio tardi, ma troppo presto per la cena. 
Ci infiliamo nel sacco a pelo.
Restiamo a riposare un’oretta e poi cominciamo a preparare la cena. 4 gradi centrigradi ! Abbiamo alzato la temperatura di un grado !
Cena veloce e poi subito a letto. L’ambiente è abbastanza tetro e non confortevole, ma mi addormento in fretta. 

La sveglia è all’alba, vogliamo partire presto, ci rendiamo conto di quanto è più lunga la seconda parte della cresta. Vorremmo arrivare a Tredes Pin in tempo per scendere con la funivia a Malcesine..poveri illusi.
L’uscita dal bivacco è quasi una liberazione, si ha quasi la sensazione che la temperatura esterna sia più alta di quella del nostro umido “cubo”.

Il primo tratto di cresta scorre veloce e senza particolari difficoltà, proseguiamo in conserva, prestando sempre molta attenzione. Il pesante ed ingombrante zaino ci sbilancia nelle manovre.
Poi il percorso si complica, il sentiero sparisce e siamo costretti a percorrere l’affilato filo di cresta.
Si complica ulteriormente, il filo di cresta non è più percorribile, continuiamo a scavalcarlo dal lato Novezzina, lago e viceversa. Mi vengono in mente le paurose immagini delle traversate oceaniche in barca a vela.
Le creste ed i pendii sembravano le onde e i cavalloni dell’oceano, congelati in incredibili forme. I minuti le mezzore e le ore passavano, non ci accorgevamo, solo controllando l’orologio ci rendevamo conto di quanto eravamo lenti…
Poi anche la neve diventa difficile, siamo subiti esposti al sole e la ghiacciata superficie nevosa si scioglie.
Percorriamo anche tratti pericolosi in traverso…senza spunti sicuri di assicurazione..
Arriviamo sotto la cima valdritta intorno alle 12.30. Cinque ore dalla partenza dal Rifugio Telegrafo.

E’ evidente che abbiamo accumulato un ritardo enorme..l’unica possibilità..la fuga
Non è percorribile il facile sentiero di discesa verso Novezzina, non sappiamo nemmeno individuarlo nel pendio uniforme. L’alternativa è il sentiero che scende nel vallone lato lago di Garda che dovrebbe portarci alla stazione intermedia della funivia di Malcesine.. la salvezza.

Cominciamo a scendere e da subito capiamo che ci siamo infilati in una trappola.. la neve arriva alla vita, ogni passo è un incubo, un passo e dopo dobbiamo tirarci fuori dal buco creato dal nostro peso e quello dello zaino, alcune volte dobbiamo appoggiarci con le ginocchia per uscire, arriva anche la nebbia..
Non riusciamo più a mantenere l’ipotetica traccia in diagonale, ci rendiamo conto che la gravità ci porta verso un canalone in discesa. Diventa sempre più ripido, immersi nella nebbia.
Ci rendiamo conto di infilarci in una zona molto pericolosa, questo versante del baldo è percorso da canaloni ripidi che portano verso il lago, ma non sono percorribili e molto selvaggi. Ma non abbiamo altra scelta. Sarebbe impossibile tornare sui nostri passi.
Ad un certo punto ci vediamo costretti a scendere in corda doppia, sfruttando un albero
Poi una seconda calata, una terza.. arrivati in fondo Enrico mi guarda e mi confessa di aver dimenticato la piccozza alla prima calata…andiamo bene, solo con i ramponi su un terreno di questo tipo.

La preoccupazione cresce sempre di più. Comincio a fare l’inventario di quello che ho nello zaino. Da una parte mi sento tranquillo perché disponiamo del materiale da bivacco, del gas e anche un po’ di viveri. Ma la vera angoscia è: come facciamo chiamare i soccorsi ? Come facciamo avvisare casa che siamo bloccati ?

Continuiamo a scendere con corde doppie e arrampicando in discesa.. le ore passano attraversando sentimenti contrastanti. A momenti sembra di intravedere qualcosa, la visibilità migliora leggermente e le speranze aumentano, poi subito si chiude tutto ed il terreno diventa di nuovo difficile da percorrere.
Poi diminuisce il manto nevoso, ci rendiamo conto di essere scesi molto di quota e tutto d’un tratto intravediamo l’Isola del Trimelone di fronte ad Assenza e mi rendo conto di dove siamo ! 
Siamo al settimo cielo anche perché il terreno diventa facilmente percorribile, un ghiaione formato da piccoli massi che ci porta verso i prati. Ci giriamo indietro ed abbiamo i brividi ? Ma da li siamo scesi ? 
Trovo anche il sentiero (ci sono passato durante una gita estiva) e nel giro di tre ore raggiungiamo Malcesine.. dai 2200 m della Cima Telegrafo abbiamo raggiunto 89 metri sul livello del mare o meglio del lago !

Sporchi, stanchi ma felici siamo alla stazione delle corriere di Malcesine, con i nostri pesanti scarponi invernali ed il nostro carico sembriamo astronauti ritornati sulla terra !

Andrea N.

2 commenti:

webcamappennino ha detto...

Salve, intanto complimenti per il sito... Volevo chiedervi se eravate interessati a pubblicare qualche vostro articolo sulla montagna (escursioni, info, recensioni, ecc) sul nostro sito webcamappennino.it .... Il nostro sito è assolutamente senza scopo di lucro e completamente gratuito. Spero il progetto vi interessi... attendo vostra cordiale risposta.
Un cordiale saluto e buona giornata.
Lorenzo

Giorgia Agriturismo Verona Cà del Ferro ha detto...

Foto veramente belle, sarà perché siete dei bravi fotografi voi o semplicemente perché il Monte Baldo è veramente una meraviglia! Per questo nel nostro agriturismo propone delle escursioni li perchè è un posto da non perdere assolutamente!