lunedì 13 settembre 2010

I SOGNI SON DESIDERI: ALTA VIA DEL GRANITO

Un filo sottile unisce questi pensieri all’ultima avventura raccontata su queste pagine: i Vaj del Carega.

La prima volta che ho sentito parlare di Malga Sorgazza e del suo gentile gestore è stato perché un amico del Maurizio, che si diletta a scoprire nuove linee di salita sul nostro Carega, è stato protagonista di una prima salita su una delle cascate di ghiaccio della Val Malene, Vertigo.

Dopo un inverno passato su e giù dai vaj del Carega mi sono detto che una visita alla Val Malene avrebbe riservato di sicuro buone sorprese. E così fu che, di ritorno dalla prima ripetizione di Vertigo venni a sapere dal Maurizio del recente ripristino di una serie di sentieri, parte dei quali tracciati ai tempi della Grande Guerra, e collegati tra loro a formare un trekking noto oggi come Alta Via del Granito.
Le parole entusiaste e gli occhi brillanti del mio interlocutore fecero nascere questo sogno-desiderio.
Sono passati anni da quell’incontro e finalmente è giunto il tempo di appagare questo desiderio nato tanto tempo fa.
Io e Ilaria partiamo una domenica di Agosto sapendo che, quando ci si perde per più giorni nella monotonia del cammino e si ha la fortuna della solitudine, il tempo che passa, il colore del cielo ed il profilo delle montagne all’orizzonte ti entrano a fondo nell’anima. E si torna a casa diversi…

Un libro mi porto nello zaino: “l’interpretazione dei sogni”. Libro nel quale Freud ci insegna con convinzione di come tutti i sogni siano in assoluto una ricerca di appagamento di desiderio. E allora lasciamoci andare a questo sogno.

Partiamo tardi da Malga Sorgazza e percorsa tutta la Val Malene entriamo subito nel cuore selvaggio del Lagorai, terra di granito

E dove per quasi tutto l’anno le nebbie la fanno da padrona.

E la nebbia confonde le idee.

Il rifugio Brentari è molto affollato ma comunque confortevole e la serata piacevole guardando la grandine che imbianca i pendii attorno al rifugio.
La mattina facciamo colazione aspettando che i raggi del sole ci precedano nella salita alla forcella di Socede.
Dove il sole non è ancora arrivato ci fermiamo ad ammirare le inaspettate meraviglie dell’alba.

Cammina, cammina, attraversiamo passi, percorriamo sentieri, superiamo laghi alpini, baite e ricoveri di guerra.
Ci cominciamo a domandare come ha fatto l’uomo ad assordarsi di cannonate di artiglieria su queste montagne abbandonate che sanno solo di silenzi.
Ci fermiamo poco a riposare lungo il sentiero che porta alle buse Todesche perché tra tutte queste mulattiere che scompaiono nella nebbia, sembra quasi di sentire il rumore degli zoccoli dei muli che faticavano a portare l’alrtiglieria verso il passo che ci attende.

Non un’anima viva incontriamo fino al sentiero dei nomadi, tanto che ci chiediamo se siamo ancora nella nostra realtà o piuttosto nella “zona” di Tarkovskij.

Proseguiamo incerti, ma appena cambiamo versante del monte ed entriamo timorosi nella valle dei laghi dell’Inferno, il cielo e l’acqua prendono il sopravvento sui nostri sensi e sulle nostre paure che ancora ci confondono.

La lunga discesa verso la piana di Caldenave è ricca di aspettative.

Stanchezza, fame, sonno. Voglia di una sedia e di un tavolo.

Un piatto di cibo è ormai il nostro unico pensiero.

Giunti al piccolo ma ospitale rifugio Malga Caldenave si fa la conta, sulle dita di una mano, di quanti siamo impegnati sull’alta via e ci si prepara alla meritata cena. Siamo una decina.
La mattina successiva si parte presto, tutti insieme. Ma presto ci si disperde e dopo poco siamo nuovamente soli.
Ilaria è stanca e assonnata, mentre cammina guarda dove appoggia i piedi, tutto il contrario di quello che fa in città…

Io invece guardo per aria e inciampo continuamente.
Durante la salita alla forcella Ravetta la mia mente è irrimediabilmente rapita dai solitari campanili della Val Orsera che ci stanno davanti.
Sogni, desideri, ricerca del loro appagamento.
Ma questa è un’altra storia.
La storia di oggi chiude il suo cerchio a Malga Sorgazza.
Stanchi ma felici.

Per la cronaca io a casa ci sono tornato veramente diverso…
Marco Demo e Ilaria






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