martedì 13 settembre 2011

I SOGNI SON DESIDERI PARTE SECONDA: I CAVALLI DELLA VAL ORSERA

I SOGNI SON DESIDERI PARTE SECONDA: I CAVALLI DELLA VAL ORSERA Dunque eravamo rimasti ai solitari campanili della Val Orsera, ai sogni, ai desideri e alla ricerca del loro appagamento.
Ore 21.00
In questa strana estate di pioggia e tempo freddo ci troviamo in tre, chiusi in macchina all’imbocco della Val Caldenave.
Fuori piove, poco, ma piove, lampi tutt’intorno.
Degli scout hanno acceso un fuoco e giocano. Decidiamo di preparare comunque gli zaini, ma quando sono pronti il temporale è proprio sopra di noi.
Ci richiudiamo in macchina, piove forte e gli scout si sono ritirati.
Ci addormentiamo subito, al ritmo ipnotico della pioggia che tamburella sulle lamiere della macchina.

C’è molta gente che passeggia tra le bancarelle ed il vociare è interrotto ogni tanto da qualche risata.
Allo stand della birra c’è la fila, peccato perché ho sete e c’è un caldo soffocante, mi manca l’aria. Il bicchiere di birra che mi sono appena sgolato è ancora tutto umido di condensa ed è ancora freddo.
Claudio mi parla ma non riesco a sentire quello che mi dice, sembra muto. Però ha l’alito alcolico. Passa un amico, non gli vedo la faccia ma glichiedo comunque se ha visto Ilaria. “Si guarda, è là, un po’ più indietro”.
Mi giro e cerco di raggiungerla, ma lei è sulla sua Vespa nera che si muove tra la gente. La rincorro e la chiamo, ma inutilmente. Mi sembra di toccarla; è solo un attimo perche la vespa è già lontana.
Torno allora dagli amici, sono stufo di stare in mezzo a tutta questa gente e ci allontaniamo per andare in bagno. Entriamo in un edificio che ha una scala che porta sotto terra, come in una cantina. Poi si apre una stanza enorme, sembra di stare in una palestra, ma senza finestre.
C’è una fila di gente che aspetta il proprio turno sul bordo di una piscina. In mezzo alla piscina c’è un grosso iceberg piatto con un gruppo che suona. Tanta gente che balla divertita. Le persone sul bordo della piscina guardano e cercano di attraversare per andare anche loro alla festa. Mi faccio largo tra la folla e trovo mio cugino, quello alto e magro con i capelli lunghi.
Per attraversare bisogna saltare da un pezzo di ghiaccio all’altro che galleggia nella piscina. Parte mio cugino e io lo seguo. Poi lui perde l’equilibrio e cade in acqua. Lo guardo, sembra in difficoltà, la musica continua allegra. Non posso lasciarlo annegare e così mi tuffo in suo soccorso. Mi aspettavo una botta di freddo e invece l’acqua è stranamente calda e densa.

Ore 24.00
Apro gli occhi, gocce di sudore mi scendono dalla fronte. Anche la macchina suda gocce dai finestrini appannati. Apro la portiera ed esco per fare pipì. Fa freddo e piove ancora anche se le nuvole sembrano diradarsi.
Si svegliano anche i miei compari, Stefano e Marco. Non si può stare qui a dormire e decidiamo di partire confidando nel miglioramento tempo.

Ore 2.00
Abbiamo appena passato Malga Caldenave e stiamo entrando nella radura posta dietro il piccolo rifugio. Sagome scure di cavalli che ci guardano passare indifferenti. Il cielo si è diradato e la luna piena illumina a giorno il prato dove cerchiamo un posto per piantare la tenda.

Ore 7.00
Sento russare forte. Sarà Stefano che come al solito ronfa alla grande. Mi giro su un fianco ormai completamente sveglio. Certo che deve stare proprio male per russare così. Mi rigiro. Il sole sta
già illuminando la tenda e un’ombra minacciosa si proietta sopra di noi. Non è Stefano che sta russando ma è l’ombra che ci vuole dire qualche cosa che capiremo solo al ritorno.
Guardo Marco ormai sveglio anche lui. Solo Stefano dorme tranquillo e ignaro. Ci agitiamo, facciamo rumore. L’ombra minacciosa si allontana scalpitando e nitrendo.
Apriamo la tenda. Sole. Siamo circondati. Cavalli dappertutto, dalle bionde criniere dorate..
Passiamo le prime ore della mattina a gironzolare in mezzo ai cavalli. Ci laviamo al torrente. Facciamo colazione sopra un sasso. Facciamo legna e prepariamo un focolare per la sera. Tanta legna, questa sera il fuoco dovrà durare il più possibile e dovrà essere alto e caldo.
I Campanili della Val Orsera intanto si asciugano al primo sole del mattino. Raduniamo le nostre cose, chiudiamo la tenda e partiamo.
Nessuno in giro, solo marmotte preoccupate del nostro arrivo. Entrati in Val Orsera superiamo le placche del Ticodromo e puntiamo al canale che separa Cima Trento dal I°Campanile, che è la nostra meta di oggi.
Risaliamo faticosamente il canale che è intasato di neve fino alla base di Cima Trento e qui con una rocambolesca traversata su neve dura con scarpe da ginnastica, attraversiamo il canale. Ci leghiamo e ci aiutiamo a fare presa nella neve con dei sassi appuntiti. Ho dimenticato in tenda i guanti e scavare i gradini nella neve a mani nude non è certo piacevole.
Infiliamo una ripida e malsicura cengia erbosa e raggiungiamo una selletta dalla quale si può osservare tutto il I°campanile.

Ore 12.00
Scendiamo veloci nella valletta sospesa alla base dei Campanili e in poco tempo ci troviamo sotto il I° Campanile. Le vie di roccia che salgono queste pareti non sono certo frequentate e trovare l’attacco non è facile, comunque dopo aver scrutato a lungo le rugosità della parete, scorgiamo un chiodo solitario in una fessura che taglia verticalmente un placca.
Mangiamo. Nel frattempo il tempo si è guastato. Ma il desiderio è troppo forte e iniziamo ad arrampicare. Placche, camini, diedri, la via di salita non è molto evidente ma le soste si fanno trovare.
La solitudine di questi luoghi ha un che di melanconico e mentre saliamo continuo a girarmi verso valle immaginandomi con gli amici attorno al fuoco, inghiottiti nel buio della notte a raccontarci mille volte l’avventura di questa giornata. Cerco di individuare la tenda ma non la vedo, forse siamo troppo distanti.
Siamo già alti in parete e dovrebbe mancare un solo tiro di corda all’uscita. Ci attende un lungo rientro per la val di Rava.
Ma il cielo è sempre più nero e siamo avvolti dalla nebbia. Non c’è il tempo di decidere cosa fare perché il temporale è già sopra di noi.
Un lampo. Un tuono. Ci sleghiamo, passiamo le corde nella sosta. Lanciamo le corde nel vuoto. Comincio a scendere. Piove. No grandina. Ora piove forte.
Mi fermo perché le corde sono tutte attorcigliate, manca poco alla prossima sosta. Piove. Piove molto forte. La parete è una cascata d’acqua. Le corde inzuppate vengono strizzate al passaggio del discensore e acqua gelida mi entra nei pantaloni e scende fino alle scarpe.
Scendo ancora e arrivo in sosta. Un lampo. Un tuono. “liberaaaa!”. Piove forte. Sono completamente bagnato. Ho freddo. La discesa è lunga.
Arriviamo alla base che ha smesso di piovere. Si alza il vento. Siamo bagnati. Abbiamo freddo. Abbiamo molto freddo.

Ore 19.00
Lungo il sentiero di ritorno esce un po’ di sole e discutiamo se la legna raccolta la mattina sarà ancora bagnata e se riusciremo ad accendere il nostro fuoco. Un grande fuoco.
Siamo vicini, ma la tenda non si vede. O meglio si vede, ma è completamente spiaccicata per terra.
I pali attorcigliati, il telo a brandelli. I sacchi a pelo sparsi intorno, stampi di dentiera impressi su ogni oggetto contenuto nella tenda. Cibo compreso. Cari cavalli della Val Orsera… Ihhh, iiihhhh, iiiiiihhhhh!

Ore 21.00
Troveremo ristoro, fisico e morale, al Rifugio Malga Caldenave.
Un pensiero va al gentile gestore che ci ha aiutati ad asciugare il materiale e ci ha ospitati in un ricovero di fortuna.

LE ALTRE FOTO..

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